Non molto tempo fa ho festeggiato l’ingresso nella mia collezioncella della prima fotografia di Nadar. Visto il tempo che ci avevo messo a procuramene una, non mi aspettavo certo che così in fretta le foto dell’illustre studio fotografico sarebbero diventate addirittura tre. La terza, per la verità, è ancora in viaggio ma ho fondate speranze che arrivi entro pochi giorni.
Al di là della più che illustre paternità, ci sono altri elementi che mi rendono felice a proposito di queste due acquisizioni. Il primo è che entrambe ritraggono un cantante di cui ho già parlato, una figura sulla quale sto indagando parecchio e che esercita su di me un fascino e un interesse particolari. Si tratta di Victor Capoul, il piccolo divo dell’Opéra-Comique, cantante adorato a Parigi ma non sempre, nonostante la rilevante carriera internazionale, apprezzato all’estero. Ma in questo caso forse avevano ragione i francesi visto che persino Giuseppe Verdi, non proprio un dilettante, dopo averlo sentito aveva pensato di scrivere un’opera per lui.
Quando ho trovato questa foto l’ho subito collegata ad alcune altre che avevo visto pubblicate poco tempo fa. La mia non è una di quelle ma l’appartenenza alla stessa serie è indubitabile: si tratta di immagini che raffigurano Capoul e Cécile Ritter nei ruoli rispettivamente di Paul e Virginie, protagonisti dell’omonima opera di Victor Massé, andata in scena con grande successo nel 1876.
La celebrità parigina di Capoul era iniziata nel 1861 ed era durata fino al 1870 e alla guerra franco-prussiana. In quei frangenti Capoul aveva preferito abbandonare la Francia per trasferirsi, ma con successi non sempre unanimemente riconosciuti, a Londra e New York. In questi anni aveva cantato con grandi primedonne, legando il proprio nome soprattutto ai ruoli di Faust e di Wilhelm Meister nella Mignon di Thomas.
Al suo ritorno in Francia, ebbe un ruolo essenziale nella promozione di alcuni titoli che lo vedevano protagonista e che, anche se non sempre accolti da successo, gli consentirono sempre di mantenere alto il livello della sua popolarità. Paul et Virginie di Massé fu uno di questi: andò in scena la prima volta l’11 novembre 1876 al Théâtre Lyrique e raggiunse le cento recite in meno di un anno. Oltre a Capoul cantavano Cécile Ritter e Jacques Bouhy, che l’anno precedente era stato il primo Escamillo nella Carmen di Bizet. Capoul aveva 37 anni, la Ritter venti di meno; la fotografia raffigura la quarta scena del primo atto, quando i due giovani appaiono in scena riparandosi dalla pioggia con una foglia di banano. Oggetto probabilmente difficile da trovare nello studio Nadar e qui sostituito da un lembo del costume di Virginie.
Frugando le più riposte pieghe della rete, ho trovato un articolo coevo alla prima rappresentazione, apparso sulla rivista americana The Aldine. Esso contiene un lungo reportage del grande successo:
A Parigi non si parla d’altro, oggi, che di Paul et Virginie, la nuova opera di Victor Massé, autore vecchio e ben noto.
L’articolo non dà grandi informazioni sulla musica o la rappresentazione, ma si dilunga sulla storia dello spartito e della preparazione dello spettacolo.
Quando l’opera fu terminata, fu necessario trovare gli interpreti; non è facile trovare tenori e soprani in possesso allo stesso tempo di giovinezza e talento. Si andò a Londra a sentire Capoul (il più raffinato dei tenori francesi) e Adelina Patti.
Sfortunatamente la Patti era legata a un ingaggio biennale. Capoul, letto lo spartito, accettò con entusiasmo. Paul era trovato, restava Virginie. Si fece un’offerta alla Nilsson [Christine] ma, nonostante i 3.500 franchi a sera, anche lei era già impegnata. Si trovò finalmente la signorina Cécile Ritter, il cui nome era noto solo agli amatori. E’ la sola allieva di suo fratello, Theodor Ritter, celebre pianista, che non desiderava che la sorella apparisse sulla scena prima dei 20 anni. Non ne ha ancora 17, ma quando il ruolo fu offerto, il fratello non ebbe cuore di resistere. E’ raro per una debuttante avere la possibilità di fare un simile ingresso nella carriera artistica, e quando Cécile entrò in scena, appoggiata al braccio di Paul, riparandosi entrambi dalla pioggia (reale) sotto una enorme foglia di palma, per tutta la sala trascorse un genuino mormorio di simpatia. Sarebbe difficile immaginare una coppia più affascinante di questa. […]
Raramente un’opera è stata ricevuta col favore e il calore di questa. Fra gli spettatori sedeva Adelina Patti. […]
Eccetera, rimandiamo alla prossima foto in arrivo, anche quella legata a Paul et Virginie, il prosieguo del racconto.
Capoul era a proprio agio davanti all’obiettivo, lo si vede benissimo come anche traspare pienamente la consapevolezza del suo essere uno che piaceva. Con acidità sicuramente condita con una dose di invidia, qualcuno lo avrebbe più tardi dipinto come l’uomo un tempo più grazioso di Parigi; famoso, alla fine, più per la galanteria che non per la sua arte, più per l’elegante piumaggio che non per i suoi gorgheggi. Alla sua morte si scrisse anche che al tempo della guerra franco-prussiana era stato scartato dall’arruolamento perché, si disse, l’esercito non aveva bisogno di un homme à femmes.
Che non significa, suppongo, uno sciupafemmine ma, al contrario, un uomo per signore, l’equivalente moderno del settecentesco cicisbeo. Uno così non poteva che recare disdoro all’immagine del glorioso esercito francese. Meglio lasciarlo espatriare e mandarlo a gorgheggiare lontano.
Molte notizie la ho tratte da: K. Henson, Victor Capoul, Marguerite Olagnier’s Le Saïs, and the Arousing of Female Desire, in “Journal of the American Musicological Society”, vol. 52, n. 3 (Autunno 1999), pp. 419-463.