New entries: Achille-Félix Montaubry

Non si può dire che le vesti muliebri donassero ad Achille-Félix Montaubry, che a partire dal 1858 fu per dieci anni uno dei tenori di cartello dell’Opéra-Comique. Quando ho trovato questa fotografia, una carte de visite Disderi, oltre a realizzare che si trattava del primo travesti maschile che mi entrava in collezione non avevo alcun elemento per immaginare in quale ruolo il cantante si fosse fatto ritrarre. Non ci ho poi messo molto a scoprirlo, perché in rete esistono alcune altre pose della serie cui anche la mia fotografia appartiene: e qui la cosa ha cominciato a farsi interessante.
Il 2 febbraio 1861 andò in scena all’Opéra-Comique La Circassienne, opera in tre atti su libretto di Scribe, con musica dell’ormai ottantenne Auber, giunto al quart’ultimo titolo del suo sterminato catalogo. Questo sarebbe stato anche l’ultimo frutto della loro lunghissima e fruttuosissima collaborazione, perché Scribe lasciò questa terra nemmeno venti giorni dopo la prima rappresentazione.

Il titolo dell’opera mi faceva suonare una qualche specie di campanello, cosa che per altro vuol dire poco viste le deplorevoli condizioni dei miei neuroni. Però il motivo c’era, perché in esso mi ero già imbattuto quando mi ero occupato, per un post di qualche tempo fa, di Fatinitza, operetta di Franz von Suppé che, basata proprio sul libretto della Circassienne, debuttò con enorme successo al Carltheater di Vienna nel 1876 ma dovette però, quando l’operetta, sull’onda del successo, arrivò in Francia, essere stravolta nel testo per non passare sotto le forche caudine dei diritti d’autore che la vedova Scribe giustamente pretendeva.
Il tema del travestimento, che nella farraginosissima trama di Fatinitza diventa un doppio salto mortale perché è riservato a una cantante donna che interpreta un uomo che si traveste da donna, nella Circassienne riguarda invece il protagonista maschile, il giovane ufficiale Alexis Zouboff, che si veste da donna per interpretare un ruolo femminile in una recita messa in piedi per i soldati della propria guarnigione persa nelle lande della Circassia, ma viene scambiato, da un generale con gli ormoni in subbuglio, per una certa Prascovia da lui un tempo amata e perduta. Una serie di casi del tutto improbabili non solo impediscono al bell’Alexis di dismettere il travestimento, ma fanno sì che come “appetibile” Prascovia sia rapito dai circassi e finisca nell’harem di un sultano, da cui viene liberato dai russi che lo riportano però nelle grinfie del generale, della cui nipote, ovviamente, lui si è nel frattempo innamorato. E così via, fino all’inevitabile lieto fine.
Ecco Montaubry nel doppio ruolo di Alexis e Prascovia in due illustrazioni dell’epoca:

Il costume è esattamente quello della mia fotografia. In quest’altra illustrazione, che rappresenta un momento del primo atto, si vede Prascovia al cospetto del baffuto generale

Per quegli strani scherzi che a volte la sorte gioca, a dispetto di un’accoglienza decisamente favorevole La Circassienne ebbe vita breve: 49 recite distribuite nel corso di un anno all’Opéra-Comique, un tentativo di esportarla negli Stati Uniti che si risolse in appena tre recite a Filadelfia in un adattamento in lingua inglese, e poi sparì da tutti i teatri dei cinque continenti. Il libretto che, quindici anni dopo, Suppé avrebbe riesumato per la propria Fatinitza, quindi, era quello di un lavoro che sicuramente nessuno ricordava più.

Eppure anche la critica si era espressa molto favorevolmente nei confronti di questo tardo lavoro di un compositore che aveva rappresentato la sua prima opera nel 1805. Per il critico di Le Ménestrel, Auber è e rimane il punto di riferimento della scuola musicale francese, quella che mette avanti a tutto la verità di espressione, la semplicità, il carattere, l’eleganza e lo charme nella melodia, il colore locale nei più piccoli dettagli, senza pretendere di scoprire orizzonti impossibili. Un attimo disassato da un rigurgito di sciovinismo che lo porta a dichiarare che anche Gluck, Rossini e Meyerbeer si sono dovuti fare francesi per scrivere i loro massimi capolavori, consiglia ai propri lettori di lasciare ai tedeschi la musica dell’avvenire, che giorno dopo giorno si smarrisce in lande sconosciute e abbandonate, e agli italiani le stridule cabalette e quei formidabili unisoni che scatenano addirittura rivoluzioni.
Caricato di quell’improbabile costume, anche Montaubry si prende la sua dose di lodi: è stato sempre all’altezza del proprio ruolo. Se deve troppo spesso ricorrere alla voix miste e al falsetto, questo dipende dal personaggio che rappresenta nei primi due atti. Per Montaubry è così facile farsi soprano, che ci si lascia andare agli applausi pur rimpiangendo il tenore. E’ un vero successo per lui questa Circassienne, la cui creazione gli fa un grande onore sotto ogni punto di vista.

Quando andò nell’atelier Disderi a farsi fotografare, Montaubry si portò entrambi i costumi e si fece ritrarre sia come Alexis sia come Prascovia. Una delle fotografie nella versione Alexis la sto tenendo a bada da un po’, ma ha ancora un costo imbarazzante. Non dispero comunque di metterci sopra le mani: in nome della completezza potrei anche lasciarmi andare a un colpo di testa che in ogni caso, superfluo dirlo, non confesserò mai.

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