Marie Caroline Miolan-Carvalho, la regina

Nell’anno che sta per finire gli acquisti di nuovi pezzi hanno subìto un’impennata che va ben oltre i limiti posti dalla ragionevolezza. Ma bisogna pur cogliere le occasioni, si sa che ogni lasciata è persa. Qui mostro due coppie di ritratti di quella che fu probabilmente la più grande cantante francese dell’Ottocento, realizzate almeno a una decina di anni di distanza una dall’altra e ricomposte nella mia sempre modesta collezione grazie al furor acquisitorio che ha caratterizzato questi ultimi mesi.

In un giorno che non sappiamo, di un anno che possiamo collocare fra il 1861 e il 1865, Marie Caroline Miolan-Carvalho è ospite, al numero 56 di rue Laffitte a Parigi, dello studio fotografico di Étienne Carjat. E’ lì per realizzare una serie di ritratti, un’esperienza per lei ormai divenuta frequente. Non si tratta, questa volta, di foto in costume: elegantissima, come è prassi nell’era della carte de visite assume diverse pose che si traducono in una suite di fotografie che la rappresentano in vari atteggiamenti. Due di queste, recuperate da provenienze diverse, sono tornate a riunirsi in collezione nel corso dell’ultimo anno. La Miolan-Carvalho che vediamo in queste due carte de visite ha più o meno trentacinque anni ed è in carriera da una dozzina, primadonna al Théâtre Lyrique ma non solo; in effetti è di casa anche all’Opéra-Comique e all’Opéra, ed è senza dubbio una delle cantanti più amate di Parigi. Chissà se acconciandosi la treccia in quel modo abbia voluto più o meno palesemente alludere a una corona e al suo ruolo di predominio nella scena operistica francese. Possiamo datare queste fotografie grazie al fatto che l’indirizzo dell’atelier, riportato al verso dei cartoncini di supporto, è stato quello di rue Laffitte proprio negli anni dal 1861 al ’65, che cadono nel decennio fortunato in cui, fra molte altre cose, la Miolan-Carvalho tiene a battesimo una dopo l’altra quattro eroine di Gounod: Marguerite (1859), Baucis (1860), Mireille (1864) e Juliette (1867) e riporta al successo del pubblico, nonostante un bizzarro adattamento, il mozartiano Flauto magico (1865). La crinolina, la cappa di pizzo, il colletto abbottonato e i lunghi orecchini portati come unico ornamento le conferiscono un aspetto austero e regale che mi ricorda parecchi ritratti fotografici dell’Imperatrice Eugenia, che in quegli anni regge le sorti del Secondo Impero a fianco di Napoleone III. Sarà suggestione la mia, ma il sospetto che il riferimento sia stato rispettosamente consapevole c’è: una primadonna mira sempre alto e da lei ci si possono aspettare queste cose.

Passa almeno una decina d’anni e la Miolan-Carvalho prende ancora posto davanti all’obiettivo, questa volta nello studio del suo fotografo favorito Pierre Petit. Queste due carte de visite non sembrano appartenere, come le altre, alla medesima seduta, perché gli abiti sono diversi. Le visite della cantante agli studi fotografici avvengono però assai di frequente, a giudicare dalla quantità di ritratti che ci sono pervenuti. Le crinoline, l’impero, Eugenia e Napoleone III sono ormai fantasmi del passato, la guerra franco-prussiana ha prodotto i suoi disastri, il fisico della diva è diventato matronale e l’acconciatura quella di una elegante signora dell’alta società.

Se tutto è cambiato, poco o nulla pare essere diverso per Madame Miolan-Carvalho, che non ha più ragione di alludere all’imperatrice perché lei stessa, ormai, è divenuta uno dei grandi monumenti di Francia, inattaccabile dalle rivoluzioni. Gli imperatori passano, gli artisti invece non muoiono mai. Ancora saldamente impegnata in una carriera che spazia da Parigi a Londra fino a San Pietroburgo, sfida impavida i segni del tempo conservando in repertorio i ruoli di giovinetta che così bene si attagliano alla sua voce agilissima e dal timbro chiaro e leggero. Non per nulla sarà Marguerite del Faust, dalle lunghe e inconfondibili trecce bionde, il personaggio che la accompagnerà fino all’ultima recita della sua lunga carriera, nel 1885.

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