Sono di quelli che a teatro ci vanno coi compiti fatti. Per questo, visto che mercoledì sera sentirò la Lodoïska di Cherubini alla Fenice, approfitto di questo pomeriggio casalingo per ascoltarmela. I cd sono quelli della produzione della Scala di una ventina d’anni fa, con Muti Devia Corbelli eccetera: quando la vidi in teatro, ne venni fuori convinto di avere scoperto un capolavoro assoluto e così appena uscì comprai il cofanetto della Sony. Di cui ascoltai, forse, tre quarti del primo dischetto senza mai arrivare in fondo. Pareva un’altra opera e già dalla sinfonia un velo di soporifera noia mi appesantiva le palpebre. Lo stesso successe con Anacréon ou l’amour fugitif, che vidi sotto la tenda quando la Fenice era cenere e che mi piacque tanto, salvo poi parermi un’interminabile pizza quando ne ascoltai la registrazione.
Adesso sta succedendo la stessa cosa: a mezzora dall’inizio del primo cd la testa è già abbondantemente altrove. Tutto è così a posto, tutto è così meravigliosamente costruito e tremendamente prevedibile e noioso. Temo seriamente per mercoledì: mi dicono che quando dormo russo.
forse tutto ciò conferma il fatto che l’opera è sì musica ma anche teatro. quando manca il secondo, se la prima non è sensazionale, può crollare tutto.
E si, diciamo che quando il compositore è un grande confezionatore ma incapace di autentici voli, spesso questo succede. E’ anche vero, bisogna ammetterlo, che quel periodo di passaggio fra tardo Settecento e l’Ottocento di Rossini è quello che a noi oggi risulta più sfuggente.