

Fra le quasi cento fotografie che mi sono arrivate tutte in un colpo a settembre dell’anno scorso, ci sono queste due cabinet card del poco noto atelier viennese Kolm, che raffigurano una cantante altrettanto poco nota oggi ma che, a dispetto di una carriera importante ma incentrata quasi esclusivamente su teatri tedeschi non di primo piano, poté godere all’epoca di una non disprezzabile notorietà.
Le note biografiche su Mimi Poensgen che si possono recuperare dalla rete sono, nella loro sintesi, di una ammirevole concordanza, nel senso che una dopo l’altra ricopiano alla lettera la scheda che alla Poensgen dedicarono i sempre benemeriti Kutsch e Riemens nel loro Großes Sängerlexikon. A loro quindi mi dirigo senza inutili deviazioni, sempre benedicendo quella volta che in un negozio della catena tedesca Zweitausendeins trovai alla folle cifra di 5 euro il cd-rom che contiene tutti i volumi dell’editio maior di quella ponderosissima opera.
Bavarese, nata nel 1879 e cresciuta musicalmente a Berlino dove pare abbia anche debuttato, la Poensgen nel corso degli anni aggiunse al proprio cognome anche quello dei tre mariti che mano a mano le si avvicendarono al fianco. Il primo ingaggio registrato fu alla Volksoper di Vienna, a questo seguirono periodi più o meno lunghi nei teatri di Troppau, Magdeburg, Norimberga, Colonia e infine a Weimar, dove le sue tracce come cantante si fermano nel 1932.
Anche per lei, infatti, non risultano informazioni per gli anni dal 1933 al ’45, quando riappare come insegnante di canto a Berlino. Muore a Oberstdorf in Baviera, la città dove era nata, nel 1958.
Secondo i nostri Kutsch e Riemens, la Poensgen iniziò come soprano lirico e con il proseguire della carriera si spinse sempre più verso un repertorio hochdramatisch, dalla Elsa del Lohengrin e l’Elisabetta del Tannhäuser via via fino a Brünnhilde e Kundry, Aida e Tosca, Elektra e Santuzza.
Questo sembra vero in parte, almeno a guardare, delle due fotografie qui sopra, quella di destra, che secondo quanto plausibilmente attesta una nota al verso della foto, raffigura la Poensgen nel ruolo della perfida Ortrud.
Ora, considerando che il fotografo è viennese e che l’unica permanenza professionale nota della Poensgen in questa città risale al 1907-08, la data degli scatti dovrebbe appartenere a questi anni, e cioè alla prima fase della sua carriera, nella quale evidentemente la nostra sosteneva già ruoli che senza dubbio vanno ascritti all’ambito del soprano drammatico. Nella totale assenza di informazioni sull’attività di questo atelier, una conferma indiretta che questa ipotesi di datazione è possibile viene da una fotografia che ho trovato nel superbo catalogo on line del Theatermuseum di Vienna. L’immagine non c’entra nulla con queste ma la dedica datata 1908 dimostra che a quella data lo studio era attivo e utilizzava gli stessi cartoncini che vediamo qui, esattamente nella forma presentata dalla fotografia di destra, con lo stesso numero di telefono.
Della foto di destra, per l’appunto, non so cosa pensare. Mentre il personaggio di Ortrud sarebbe tutto sommato riconoscibile anche senza la conferma della scritta al verso, questo ruolo non so come identificarlo. Chi pensasse che alla Volksoper la Poensgen cantasse operette deve in fretta ricredersi: fino al 1929 questo è stato a tutti gli effetti un teatro d’opera, il secondo di Vienna dopo la Hofoper/Staatsoper. Negli anni della presenza di Mimi Poensgen, fra l’altro, la Volksoper viveva anche un momento magico sotto la direzione di Alexander von Zemlinsky. Nel 1907, chissà se lei era già arrivata, ebbe luogo qui anche la prima viennese di Tosca.
A cercare in rete con un po’ di pazienza si trova anche un certo numero di fonti a stampa che forniscono qualche tassello per delineare un sommario ritratto di Mimi Poensgen cantante e interprete. Leggo ad esempio su un numero del 1914 della Neue Zeitschrift für Musik che la cita fra i nuovi arrivati nella compagnia del teatro di Norimberga:
Fra le forze appena ingaggiate bisogna ricordare in primo luogo il soprano drammatico Mimi Poensgen, che mette sempre il proprio strumento pieno e potente al servizio del canto più nobile ed è a suo agio nello stile wagneriano come in quello verdiano.
Non male, direi. Leggo più oltre la recensione di un Parsifal nel quale la sua Kundry viene lodata sia per la saldezza e la potenza della voce, sia per la bravura dell’interprete e dell’attrice, che sa muoversi abilmente nei diversi registri del complesso personaggio. Stesse lodi per la Selika nell’Africana messa in scena più avanti nella stessa stagione.
Mimi Poensgen fu quindi cantante di tutto rispetto e particolarmente apprezzata sia per le qualità vocali, sia per le doti di attrice, che andavano evidentemente parecchio oltre quel dito indice puntato che doveva piacerle in modo particolare e che mostra in entrambe le nostre fotografie. Strumenti per meglio definire un suo ritratto artistico temo non ce ne siano più: le fotografie oltre a queste due si contano sulle dita di una mano e per quanto abbia cercato non ho trovato indicazioni su possibili incisioni che, da un punto di vista meramente cronologico, potrebbero esistere. A maggior ragione è quindi importante ricordarla per quello che sappiamo, anche se poco. Non sarà stata di casa nei sacri templi di Berlino, Monaco o Vienna ma ha svolto un ruolo sicuramente importante in centri di intensissima produzione musicale, a quanto pare con risultati di alto livello. Chapeau.
L’imperioso ditino accompagnava l’ordine di sottomettersi rivolto a qualche sua infelice vittima oppure intimava alla sua cagnolina di mettersi a cuccia. Miseri entrambi.
Ortruda con la cagnolina. Un regista di oggi potrebbe considerarla un’idea intrigante.