Il caso ha voluto che nelle ultime settimane dell’anno ormai andato io abbia acquistato, separatamente una dall’altra, ben tre fotografie dello stesso cantante, fino ad allora da me mai tenuto in considerazione. Si tratta del tenore francese Pierre-Jules Michot, che nella seconda metà dell’Ottocento ebbe una carriera importante ma sofferta, con alti e bassi che, nel tempo, si stabilizzarono – a quanto dicono le fonti – verso il basso. Due di queste fotografie le metto per il momento da parte e ci tornerò sopra in un altro momento. Per ora mi occuperò di una sola delle tre, per due motivi: è legata a un momento importante della storia musicale e a un’altra fotografia che già avevo in collezione, con la quale va a costituire una fantastica coppia. Eccola qua:
La carriera di Pierre-Jules Michot ha un inizio che sembra inventato. Viene scoperto a cantare canzonette in un locale di bassa lega; messo a studiare sul serio, nel 1856 debutta al Théâtre-Lyrique nel Richard Coeur-de-Lyon di Grétry e si impone in poco tempo come il primo tenore di quel teatro. Anche nella mia foto la scritta in calligrafia ottocentesca al verso del cartoncino lo assegna a quella compagnia. Resta lì tre anni con soddisfazione generale, poi nel 1859 viene reclamato dall’Opéra, che si trova in un pasticcio: il suo primo tenore, Gustave-Hyppolite Roger, ha avuto un braccio amputato a causa di un incidente e il primo teatro di Parigi deve rimpiazzarlo in gran fretta. Il Lyrique non ci sta, l’Opéra punta i piedi, la politica si mette in mezzo, si trova un compromesso e Michot si trasferisce. Il repertorio diventa però più pesante e a forza di Favorite, di Ugonotti e di Trovatori la voce si affatica e il tenore deve staccare la spina. Va in Italia a rimettersi in sesto e quando torna preferisce saggiamente riprendere il suo antico posto al Théâtre-Lyrique, dove ritrova i successi di un tempo e dove il 27 aprile 1867 – al termine di una disputa questa volta con l’Opéra-Comique, che si rifiuta di cedere per l’occasione Victor Capoul – veste i panni del protagonista nella prima rappresentazione assoluta della nuova opera di Charles Gounod, Roméo et Juliette.
Protagonista femminile fu naturalmente la regina del Théâtre-Lyrique, Marie Caroline Miolan-Carvalho, di cui agli inizi dell’anno passato avevo acquistato una fotografia che la ritrae proprio in questo ruolo. Eccola:

In questo caso il riferimento all’opera di Gounod è dato, non bastasse il costume già abbastanza indicativo, dalla scritta al verso del cartoncino. Ciò che mi ha fatto sobbalzare, guardando le due fotografie assieme, è stata la coincidenza di due elementi: lo studio fotografico Bacard e addirittura il fondale. Visto il costume di lui, ci sono pochi dubbi che nella sua foto impersoni il ruolo di Roméo e che entrambi i ritratti vadano ricollegati a quello storico debutto. Mi sono così immaginato i due protagonisti della nuova produzione mandati o portati all’atelier a immortalare i loro personaggi, per tutte le necessità promozionali che sicuramente già a quell’epoca erano tenute in debita considerazione. Chissà, magari mentre Michot posava la Miolan-Carvalho finiva un po’ più in là di pettinarsi, in attesa che dal magazzino recuperassero la consolle su cui farle posare l’augusta mano. Rivediamoli insieme, finalmente, i due sfortunati ricongiunti.
Per Gounod, Michot fu un po’ un ripiego perché Capoul sarebbe stato per lui la scelta ideale. A quanto pare il suo punto debole era la presenza scenica poco piacevole e un suo fondamentale disinteresse nei confronti della recitazione. Lacune certamente non lievi nel bagaglio di un cantante di primo piano, che non sembrano però aver pesato eccessivamente sul suo gradimento da parte del pubblico.
Anche in questo caso il debutto fu un successo e gli anni passati al Théâtre-Lyrique furono senza dubbio i più significativi della sua carriera. Tutto andava per il meglio quando, purtroppo, la storia si mise di traverso. La guerra franco-prussiana del 1870 condizionò le vite di molti, ma Michot commise l’imperdonabile errore, nelle vicende che seguirono alla sconfitta francese, di simpatizzare troppo apertamente con i rivoltosi della Comune. Non sappiamo esattamente cosa fece e alcune testimonianze fanno capire che non dovette dar prova, in quell’occasione, di grande scaltrezza. Così, se molti ci rimisero la pelle, Michot si vide invece chiudere in faccia le porte dei teatri e dovette rassegnarsi a lasciare una Parigi che non lo voleva più per dare concerti in provincia, fino a quando di lui si persero un poco alla volta le tracce.
Qualcuno tornò a ricordarsene nel 1896, quando si sparse la notizia che il non ancora anziano cantante (aveva sessantasette anni) era morto. Nonostante i venticinque anni di distanza, i suoi trascorsi comunardi non ricevettero assoluzione e se Arthur Pougin lo liquidò con sufficienza ricordando che si compromise più goffamente che sul serio con la Comune, e questo gli costò caro, un altro giornale, Le Ménestrel, gli dedicò un breve sunto biografico, importante perché aggiunge qualcosa al poco che sappiamo di lui ma anche sconcertante per una vena di maligno sarcasmo che, in quel momento, gli poteva forse essere risparmiata:
Un artista che ha avuto un momento di notorietà, il tenore Michot, è appena morto a Chatou, dove viveva in pensione da diversi anni. Nato a Lione, Michot aveva iniziato la sua carriera in provincia, da dove era venuto a infognarsi in un caffè-concerto di basso livello, il Café Moka, situato in rue de la Lune. Fu lì che fu segnalato ad Adolphe Adam, che, colpito dalla sua voce piena di freschezza e soavità, lo fece assumere al Théâtre-Lyrique, dove fece il suo debutto il 23 maggio 1856 in Richard Coeur-de-Lyon. L’educazione artistica di Michot fu nulla, ma a una voce deliziosa aggiungeva un certo sentimento musicale e sapeva ottenere, specialmente nei mezzitoni, effetti di grazia squisita. Purtroppo era, dal punto di vista fisico, di una volgarità disperante, e non era in grado né di comportarsi né di recitare in scena; era inoltre estremamente discontinuo come cantante, poteva essere talvolta eccellente e rivelarsi esecrabile il giorno dopo. Ottenne tuttavia abbastanza successo al Théâtre-Lyrique in Obéron, Euryanthe, Robin des Bois, La Harpe d’or, al punto che l’Opéra volle scritturarlo. Debuttò in questo teatro nel 1860, vi si esibì successivamente ne La Favorite, Lucie, Faust, Le Trouvère quando improvvisamente, affetto da una malattia della laringe, dovette rompere l’ingaggio per recarsi in Italia per farsi curare. Tornato a Parigi, fu di nuovo al Théâtre-Lyrique, vi riapparve ne La Flûte enchantée, Martha, Don Juan, e lì ebbe l’onore di presentare in prima assoluta Roméo et Juliette di Gounod. Ci furono gli eventi del 1870-71, e Michot si compromise scioccamente sotto la Comune, cosa che gli costò l’internamento per qualche tempo nell’Orangerie di Versailles. Dopo questa disgraziata avventura si trovò obbligato a tornare nelle province, dove pure dovette subire alcune battute d’arresto a causa di questi trascorsi. A Marsiglia, in particolare, la sua presenza al Grand-Théâtre ha dato luogo a chiassate ai limiti dello scandalo. La voce, inoltre, cominciava ad abbandonarlo, e la sua abilità canora era insufficiente per sopperire alle mancanze dello strumento. Non passò molto tempo prima che rinunciasse alla carriera e presto si ritirò definitivamente. Da diversi anni Michot era diventato quasi cieco.
Il giornalista del Ménestrel ha calcato troppo il pedale in questa raffigurazione un po’ parodistica di un troglodita con una bella voce ma dalla testa di legno. Per quanto mi riguarda, lo sfortunato Pierre-Jules Michot ne esce ai miei occhi ancora più simpatico e storicamente interessante. Al punto che non passerà molto tempo prima che torni a occuparmi di lui.

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