Lo sguardo sognante di Lohengrin, incarnato – in questa cabinet card dello studio viennese Adèle – da Hermann Winkelmann, vale qui come timido auspicio per il futuro, al termine di un anno che, credo, vorremmo tutti poter dimenticare.
Non potremo, naturalmente, né possiamo pensare che dal prossimo 1 gennaio qualcosa realmente cambierà: accontentiamoci di sperare che almeno ci arrivi un segnale che il mondo riprende ad andare nella direzione giusta, che il bioritmo della storia ha finito di andar giù e un poco alla volta ritrova la strada del su.
In attesa, quindi, di tornare a riveder le stelle e soprattutto a mettermi in pari con gli spritz e le patatine di cui in queste settimane sono stato tragicamente privato, chiudo l’anno occupandomi di questa fotografia, che è un acquisto recente che ho trovato un po’ per caso, che mi sembra bellissima e che per qualche motivo che non so spiegarmi ho pure ottenuto per una supereconomica pipa di tabacco.
Per vari motivi non le ho dedicato molta attenzione quando l’ho ricevuta: la fotografia ha subìto il consueto trattamento di digitalizzazione/imbustamento/inventariazione e poi è finita a riposare nella sua scatola. Fino all’altra sera, quando frugando la collezione alla ricerca di qualcosa di interessante di cui occuparmi e soprattutto cercando di far finta di nulla davanti al fatto che per la prima volta nella mia vita mi trovavo la vigilia di Natale in casa da solo a 250 km dal resto della mia famiglia, l’ho recuperata e mi sono messo a guardarla un po’ più di fino. E ho fatto benissimo, perché non solo ho dato risposta a un piccolo quesito, ma ho avuto una sorpresa che ha fornito al mio rettangolo di cartone un valore aggiunto non da poco. Ma non voglio correre avanti.
Hermann Winkelmann è stato legato per decenni all’Opera di Vienna e non c’è quindi da stupirsi che si sia fatto fotografare da uno dei più importanti atelier fotografici della capitale asburgica in uno dei suoi grandi ruoli. Io però parto sempre dalla convinzione che uno non si alza la mattina e va dal fotografo con trenta chili di armatura addosso se non c’è un motivo che giustifichi questa fatica, e questo motivo è che molto probabilmente sta cantando questo ruolo a teatro e ha bisogno di ritratti per espletare le usuali incombenze cui qualunque divo della scena è sottoposto nel momento in cui deve gestire le richieste del proprio seguito di ammiratori. La prima cosa da fare, quindi era verificare quando Winkelmann ha cantato Lohengrin a Vienna. Una specie di indicazione me la dava un’iscrizione sul retro della foto: “ca. 1898”, però a matita e in calligrafia palesemente moderna e quindi non si sa quanto fondata e quanto affidabile.
La prima risorsa è naturalmente l’archivio on line delle rappresentazioni della Staatsoper di Vienna, che ha però una particolarità: registra tutte le recite con tutti i diversi cast sera per sera ma è completo solamente a partire dal 1955, mentre per la fase anteriore la banca dati è ancora in corso di popolamento. Per questo motivo, quello che si trova è sicuramente accaduto ma quello che non si trova non vuol dire che non ci sia mai stato. Nel nostro caso la fortuna non mi ha arriso perché a sentire lui, l’archivio, Winkelmann non ha mai cantato Lohengrin a Vienna. Unmöglisch avrebbe detto Richard Wagner, e così ho detto pure io.
Ho allargato quindi le ricerche alla rete e con nemmeno tanta fatica ho trovato che non solo, come era prevedibile, Hermann Winkelmann ha cantato Lohengrin a Vienna, ma che l’ha fatto anche in un giro di recite molto, molto speciale che prese il via l’11 maggio 1897 – data che va d’accordissimo con il “ca. 1898” che qualcuno ha scritto al verso della mia foto. In questa occasione Winkelmann cantò a fianco di Louise von Ehrenstein (Elsa), di Theodor Reichmann (Telramund) e di Luise Kaulich-Lazaris (Ortrud). Un grande cast sicuramente ma ciò che rese il tutto ancora più speciale fu il debutto sul podio dell’Opera di Vienna, per il momento ancora in veste di Kapellmeister, di colui che di lì a poco l’avrebbe portata, con mano di ferro, a vivere uno dei periodi più splendidi della sua storia: Gustav Mahler.
La mia fotografia non è ignota (per dire, si trova anche sulla pagina di Wikipedia dedicata a Winkelmann) però questa connessione con un avvenimento tanto speciale mi pare che ne accresca l’interesse. Questo Lohengrin non fu solo l’inizio di una grande vicenda, ma fu anche indubbiamente un fattore che contribuì al passaggio di grado di Mahler da Kapellmeister a direttore del teatro. Sulla sterminata biografia di Mahler data alle stampe da Henry-Louis de La Grange trovo alcune recensioni che ben dimostrano come il direttore avesse subito scoperto le proprie carte e dimostrato al pubblico viennese che razza di fuoriclasse aveva a disposizione:
Mahler non è solamente un musicista sicuro di sé e pieno di grinta, è un eccellente direttore drammatico e possiede il senso del teatro: la sua attenzione non si ferma alle luci di proscenio ma, anzi, da lì parte. Dà tempi giusti al coro e ai solisti, il che è essenziale per una interpretazione espressiva. E’ già evidente che predilige i tempi fluidi che anche Richard Wagner amava. Non tollererà portamenti e alterazioni. Dall’orchestra ottiene estrema moderazione negli accompagnamenti ma anche una grande potenza di suono quando questa è richiesta per scopi drammatici. E’ stata una gioia vedere i nostri membri della Filarmonica attenti ad ogni gesto del loro nuovo direttore e vederli trasformare in suono il suo gesto chiaro ed eloquente.
Così Richard Heuberger sulla Neue Freie Presse. Ed ecco (grazie, Wikipedia!) la locandina di quella sera dell’11 maggio 1897, che come era abitudine all’epoca non indica il nome del direttore d’orchestra.
Già a ottobre Mahler sarebbe diventato Direktor della Hofoper, che era senza dubbio la posizione musicale più prestigiosa dell’impero. Nei suoi dieci anni viennesi il teatro subì una autentica rivoluzione, che inflisse profonde ferite allo stesso Mahler ed ebbe una conclusione amara ma allo stesso tempo visse uno dei periodi artisticamente più felici della sua storia. Winkelmann all’epoca era già avviato verso la parte finale della carriera e occupò quindi un ruolo secondario rispetto a quello di cantanti (da Erik Schmedes ad Anna Bahr von Mildenburg) che ancora oggi consideriamo i protagonisti dell’era Mahler a Vienna. Fu però l’apripista di tutto questo, e se già la foto è suggestiva, il pensarlo con quello sguardo l’elmo la corazza e lo spadone da cavaliere errante salutare il cigno gentile davanti al podio di Gustav Mahler ci fa, indubbiamente, sognare ancora un po’ di più.
Grazie Cavaliere, lei ci ha perso in spritz e affetti familiari e noi ci abbiamo guadagnato in piacere, quello del quale siamo gratificati da ogni suo lavoro.
Però, se posso permettermi (e chi mi ferma) lo sguardo del nostro non e’ sognante ma, mi permetta il giovanilismo fuori luogo, quello dell’emoticon con gli occhi al cielo che esprime il concetto di “ossignore”.
Non so se nel 1897 Herr Winkelmann potesse aver chiaro il concetto di emoticon però ha visto mai, magari era uno che precorreva i tempi.