Marietta Alboni, Giulietta e Romeo in una voce sola

Ancora più delle sue altrettanto mitiche contemporanee Adelina Patti e Pauline Viardot,  Marietta Alboni ci evoca oggi un mondo completamente scomparso. Chi può dire ai giorni nostri di avere contezza uditiva di ciò che realmente fu il contralto ottocentesco? Certo, siamo da decenni abituati a sentire le Horne e le Podles affrontare impavide i ruoli en travesti di Rossini, ma che sforzo di immaginazione dobbiamo compiere per immaginare una voce come dovette essere quella della florida romagnola, in grado di gestire una gamma di ruoli che andava dal Carlo baritono dell’Ernani all’Amina soprano di agilità della Sonnambula?
Cresciuta suddita di una delle province più ribelli dello Stato Pontificio e morta contessa a Parigi, in un palazzo principesco sul Cours La Reine, Marietta Alboni fu per decenni un pilastro del Théâtre-italien, nel quale cantò un grande numero di ruoli del repertorio italiano, mentre all’Opéra riservò le esibizioni in titoli francesi. Se la prima parte della carriera si era svolta in Italia, il trasferimento nella capitale francese, avvenuto alla fine degli anni Quaranta, ne segnò la svolta internazionale che la portò da San Pietroburgo a Vienna, da Londra a Budapest, a Madrid, Praga e New York.
Esistono numerosi ritratti fotografici di Marietta Alboni, che era in piena attività quando il fotografo Eugène Disderi inventò il fortunatissimo formato della carte de visite. Questi sono due scatti molto noti realizzati nel suo atelier nella stessa sessione di pose:

La ragione principale di questo post è però la fotografia che mostro qui sotto, dello studio parigino  Mayer & Pierson. A giudicare dai lineamenti direi che non sia stata realizzata molto lontano nel tempo dalle altre due, ma in rapporto a quelle ha, credo, una particolarità. Fino ad oggi, infatti, è l’unico scatto che conosco che ritrae Marietta Alboni in costume di scena, in un ruolo la cui identificazione mi ha dato un po’ di grattacapi ma alla quale, complici le lunghe serate di reclusione da coronavirus, sono alla fine riuscito a venire a capo.

Veramente, quando l’ho acquistata non sembrava che dietro questa immagine potesse celarsi un interrogativo particolarmente laborioso. Abbastanza velocemente avevo trovato in rete un altro esemplare di questa stessa fotografia, pubblicato con l’indicazione che il ruolo impersonato era quello di Mathilde nel Guillaume Tell. Che la Alboni avesse cantato ruoli di soprano lo sapevo, che avesse cantato all’Opéra (luogo più probabile dove questo exploit avrebbe potuto aver luogo), pure. Quel corno da caccia portato a tracolla è poi perfettamente in linea con l’entrata in scena di Mathilde nel secondo atto della monumentale ultima opera rossiniana, il cui libretto prevede che la protagonista appaia dopo essersi allontanata da un corteo di cacciatori.
Come sempre, però, io non mi accontento delle enunciazioni altrui e quantomeno volevo sapere quando e dove la Marietta aveva cantato questo impervio ruolo. Qui i problemi sono cominciati. A partire dalla sua biografia ufficiale, che Arthur Pougin dichiara di aver tratto da una base redatta dalla stessa Alboni, nessuno cita la sua presenza in questo ruolo in alcun teatro, cosa che appare ancora più strana nel momento in cui si considera che il tema dei ruoli sopranili affrontati dal contralto ricorre continuamente negli scritti su di lei.
L’unico tenuissimo indizio che possedevo era quel 1862 scritto a penna sul verso della fotografia: una data che non necessariamente, però, deve essere quella dello scatto ma può indicare quella dell’acquisto da parte del suo primo proprietario o l’anno in cui lui stesso ha visto la cantante in scena. Poteva però essere un punto di riferimento, assieme a quello dell’atelier fotografico: se la foto era stata scattata a Parigi potevo presumere con una certa tranquillità che il ruolo fosse stato cantato in quella città.
A questo punto, l’unica cosa da fare era frugare nei miei tomi e soprattutto nella rete, alla ricerca di qualche indizio più consistente. Sono così iniziate le mie serate di ispezione sistematica del gigantesco deposito di periodici digitalizzati a disposizione su Gallica, alla ricerca di quella parolina magari accidentale che facesse scattare la lampadina. Spulciare i giornali francesi dell’Ottocento alla ricerca di Marietta Alboni è come cercare sui tabloid inglesi di oggi articoli su Harry e Meghan: ci si trova travolti da tonnellate di articoli, moltissimi ripetitivi, molti interessanti, nessuno però, per parecchie sere, utile al mio scopo.
La svolta è avvenuta alla ventunesima sera di reclusione (non tutte passate a fare questo lavoro, sia chiaro), quando su Le Courier du Gard del 23 novembre 1869, all’interno di un lunghissimo articolo che ripercorre la carriera dell’Alboni che proprio in quei giorni si apprestava a dare le ultime recite prima dell’addio alle scene, ho trovato un elenco di ruoli sostenuti a Parigi nel quale stava ciò che andavo cercando, e che qui trascrivo nell’originale francese: …la Nancy de “Martha” où sa malice, sa gaieté, son art produisent un énorme effet dans l’air de chasse…
Santa Radegonda protettrice della Turingia inferiore, eccolo finalmente l’indizio! Nancy, la confidente di Enrichetta nella Marta di Flotow (diciamolo in italiano perché così l’opera divenne celebre al di fuori della Germania), appare all’inizio del terzo atto a capo di un manipolo di fanciulle cacciatrici e intona un’aria deliziosa nella quale in due strofe alternate al coro insegna alle damigelle i principi dell’arte venatoria.
A questo punto continuavo a non avere prove che la Alboni avesse mai cantato nel Guglielmo Tell, ma avevo una indicazione che in qualche momento un ruolo che poteva gustificare quel costume l’aveva cantato. Già, ma quando e dove?
Sono tornato quindi alla data sul retro della fotografia, e considerandola un credibile termine ante quem mi sono messo a spulciare i giornali teatrali parigini del 1862, poi del 1861, poi del 1860… fino a quando un sonoro Bingo! è risuonato per le calli più deserte del Grand Canyon. Ecco cosa ho trovato sul numero del 9 dicembre 1860 del periodico Les Coulisses (quarta colonna da sinistra in alto, cliccare sull’immagine per ingrandirla):

Decisamente una produzione di alto livello: a fianco dell’Alboni, nel ruolo di Enrichetta cantò Marie Battu, che pochi mesi dopo sarebbe stata nello stesso Théâtre-italien il paggio Oscar nella prima francese del Ballo in maschera e qualche anno dopo, all’Opéra, avrebbe partecipato come Inez alla prima assoluta de L’Africaine di Meyerbeer. Sul lato maschile, il sempre adorato Mario si accoppiava con Francesco Graziani, in procinto di assumere, nella stessa prima del Ballo verdiano, i panni del tradito Renato.
Con un riferimento così preciso ho potuto così recuperare alcune recensioni. Ecco cosa scrive Le Ménestrel quello stesso 9 dicembre:
Al Théâtre-italien si riprende Marta, il piacevole spartito del Signor Flotow. Madame Alboni, nel ruolo di Nancy, si è dimostrata cantante meravigliosa e allo stesso tempo attrice perfetta: la sua verve ha elettrizzato l’intera sala. Graziani è sempre all’altezza della sua magnifica voce e della sua reputazione. Mario, Zucchini e Mademoiselle Battu realizzano un ensemble delizioso, infinitamente superiore a quello della Lucia.
Una seconda recensione, apparsa su Le monde dramatique il 13 dicembre ci toglie ogni dubbio circa l’identificazione della nostra fotografia:
Madame Alboni è splendida nel suo costume di velluto nero bordato d’oro, col cappello tenuto fieramente di lato, e ogni volta che entra in scena suscita un mormorio di ammirazione. Canta la sua aria di caccia con un brio, un vigore, una perfezione da far veramente perdere la speranza a chiunque voglia cantare quest’aria dopo di lei.
E’ evidente che il costume nero bordato d’oro, così come il cappello sulle ventitré sono esattamente quelli che vediamo nella fotografia.
E’ anche interessante paragonare questa enfasi nel sottolineare le capacità interpretative dell’Alboni con i giudizi di altri testimoni, che invece la pensavano del tutto diversamente. Fra questi sta lo scrittore di cose musicali Thomas Willert Beale, che nelle sue memorie pubblicate nel 1890 scrive:
Non si può dire che la Alboni fosse una grande interprete drammatica. E’ apparsa sulla scena in un gran numero di ruoli, ma non ne ha interpretato nessuno. Non ha mai messo la propria identità in secondo piano rispetto a quella del personaggio che rappresentava.
Questione di vedute, naturalmente, anche se dobbiamo ammettere che l’immagine che di lei ci danno i suoi ritratti fotografici non è tanto quella di una emula di Sarah Bernhardt quanto quella di una opulenta matrona da cui tutto ci aspettiamo fuorché gesti ampi ed enfasi da tragedienne . La Bernhardt abitava senza dubbio altri quartieri però la Alboni aveva frecce non da poco nel proprio arco. Rossini era stato fra i suoi maestri e aveva contribuito a fare di lei probabilmente il maggiore contralto dell’Ottocento e una delle più grandi esponenti di tutti  i tempi di quel registro vocale perduto che Théophile Gautier, parlando proprio di lei, descriveva con una immagine fulminante e suggestiva: un timbro così femminile e allo stesso tempo così maschile! Giulietta e Romeo assieme nella stessa gola!

2 risposte a "Marietta Alboni, Giulietta e Romeo in una voce sola"

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  1. Gentile Cavaliere,
    e’ bastato il primo sguardo perche’ questa divenisse la mia prediletta tra tutte le primedonne del suo serraglio.
    Che sguardo “braghiro” con retrogusto irridente!
    E che portamento!
    E’ un attimo. Ti posa la picca, indossa un grembiale ed ecco che questa Diana cacciatrice rivestita di velluto bordato in oro si trasfigura in una monumentale “azdora” disposta a tirare, in men che non si dica, 8 o 10 uova di ‘caplett” magari intonando un’arietta.
    L’ adoro.

    1. Secondo me ogni tanto due uova di sfoglia e qualche piadina nel palazzo in Cours la Reine se le faceva. Poi arrivava Rossini dalla porta del retro, portava una delle sue mortadelle e via andare.

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