Questo dovrebbe essere il quarto articolo che dedico a Victor Capoul: un record in un certo senso ma facilmente spiegabile dato che il nostro punto di partenza è la fotografia. Capoul godette durante la sua carriera di tenore di una popolarità vastissima in Francia, legata non solo alle sue abilità artistiche ma anche, e in maniera sostanziale, all’aspetto fisico e questo fece sì che egli sia stato probabilmente uno dei cantanti più fotografati dell’Ottocento.
Piccolino ma sempre elegantissimo e charmant, e anche per questo a volte trattato dalla stampa con una sorta di antipatica ironia, che arrivava a sembrare invidia per un successo fatto anche di una buona dose di mondanità ma che pareva indistruttibile. E poi non è che la sostanza mancasse, se è vero che persino Giuseppe Verdi, che non era certo uno che si accontentava, accarezzò dopo averlo sentito l’idea di scrivere un’opera per lui.
Come appare evidente anche dalle due carte de visite qui in apertura, di Carjat quella a sinistra e di Reutlinger quella di destra, Capoul dedicava un’attenzione del tutto particolare alla gestione della propria acconciatura, elemento fondamentale dell’armamentario del dandy. Come già ho avuto modo di scrivere, fu a questo proposito a tal punto arbiter elegantiarum da dare il nome a un taglio di capelli che grazie a lui divenne popolare e che si chiamò coiffure à la Capoul. In cosa consistesse questa elaborata composizione, che ebbe tanta diffusione fra i giovanotti dell’alta società del Secondo Impero, ce lo racconta nelle proprie memorie il giornalista inglese Ernest Alfred Vizetelly, che visse a Parigi negli anni tempestosi della guerra franco-prussiana. La maniera in cui Vizetelly si incontrò con Capoul è abbastanza curiosa: il 6 agosto 1870, nel giorno in cui il maresciallo Mac Mahon veniva duramente sconfitto dall’esercito prussiano a Woerth, per ironia della sorte si era sparsa a Parigi la voce di una straordinaria vittoria delle truppe francesi. Tutti erano scesi nelle strade a festeggiare, i boulevards erano tappezzati di bandiere e sebbene la voce che era giunta fosse assolutamente vaga, tutti erano disposti a credere a questa meravigliosa notizia. Vizetelly si trovò così in una Place de la Bourse gremita di persone. In mezzo alla folla, impossibilitato a muoversi, stava uno degli omnibus in servizio per Passy.
Molti iniziarono a chiedere a gran voce la Marsigliese, la cui esecuzione per oltre vent’anni era stata fuorilegge ma che Napoleone III aveva riabilitato all’entrata in guerra contro la Prussia, in un tentativo di rafforzare attorno a quest’inno così denso di memorie il patriottismo dei francesi.
E così Vizetelly vide alcuni giovanotti ben vestiti arrampicarsi sul tetto dell’omnibus e chiedere il silenzio. Poi uno di questi, un giovane snello e piacente con piccoli baffetti si tolse il cappello, alzò il braccio destro e iniziò a cantare l’inno di guerra della Rivoluzione. Finì la strofa e la folla intera si unì nel ritornello. […] Il giovane che cantò in piedi sul tetto dell’omnibus Passy-Borsa in quel fatale giorno di Woerth si definiva tenore ma era piuttosto un tenorino, la sua voce essendo molto più dolce che potente. Era già molto noto per aver interpretato il ruolo di Romeo nella celebre opera di Gounod basata sul dramma di Shakespeare. Come molti altri cantanti, Victor Capoul avrebbe potuto essere stato dimenticato di lì a poco se non fosse che una curiosa circostanza, che ha poco a che fare con il canto, diffuse e rese celebre il suo nome. Egli adottò un modo molto particolare di pettinarsi, modellando una parte dei capelli in una sorta di semicerchio sulla fronte. Il nuovo stile ebbe successo presso i giovani parigini e finì che la coiffure Capoul divenne famosa nel mondo. La si vede persino in certi ritratti di re Giorgio V.
Quello che Vizetelly definisce un semicerchio è in realtà una ben più elaborata figura appuntita, una sorta di foglia che si abbassa sulla fronte verso l’attacco del naso facendosi largo fra il resto della capigliatura organizzata in due bande laterali divise da una scriminatura centrale. Questa complessa creazione appare in molti dei ritratti di Victor Capoul, decisamente improbabile ai nostri occhi ma sfoggiata con una eleganza degna, credo, di un personaggio della Recherche. Eccone due esempi:
La carte de visite di sinistra reca un bellissimo ritratto di Liebert, quella di destra è di Nadar. Alla fine fu senza dubbio questo il look che Capoul adottò in maniera più stabile, quello che costituiva una sua vera e propria firma. Anche in scena, come dimostra questa ulteriore carte de visite di Nadar che ce lo mostra protagonista di Paul et Virginie di Victor Massé:
Il piccolo e amatissimo Victor Capoul poté persino accettare di tagliarsi gli altrettanto celebri baffetti quando le esigenze della scena glielo imposero, e le cronache rosa narrano che quando lo fece la Senna risuonò dei pianti e degli strepiti di tutte le nobildonne di Parigi. Chissà. Ma il taglio così studiato e così sapientemente elaborato che, se è vero quanto Vizetelly racconta, affascinò persino il re di Inghilterra, Capoul non lo tradì e per molto tempo continuò a esibirlo in una impressionante quantità di ritratti fotografici. L’elegante damerino che quel giorno di agosto del 1870 infiammò la folla intonando la Marsigliese con una voce che nessun critico poté fare a meno di trovare deliziosa, fu in realtà molto di più di quel vanesio e un po’ vuoto dandy che forse anche queste righe potrebbero dipingere. Victor Capoul, che fu anche un non trascurabile compositore di liriche da camera, occupò un posto importante nella storia teatrale della Parigi del secondo Ottocento ma forse, chissà, l’idea di passare ai posteri anche per quella complicata apparecchiatura che si modellava sulla fronte non gli sarebbe dispiaciuta del tutto.
Sono in dubbio se adottare tale acconciatura; forse, con la mia fronte alta, gioverebbe al mio aspetto.
A lei, cavaliere, invece la sconsiglio caldamente.
Cosa vorrebbe dire? Che ho la fronte bassa da cercopiteco?
Certo che no, non e’ la fronte che difetta, Cavaliere…
Queste storie laterali a opera e interpreti sono davvero affascinanti. Recentemente ho inserito in una conversazione pubblica un piccolo inciso su Nadar. Beh, credo che i cinque minuti che gli ho dedicato siano stati quelli seguiti con più attenzione dal pubblico. Superfluo aggiungere che io non ho certo grandi alternative per la mia acconciatura, in quanto deficiente della materia prima.
Ciao!
Non dirlo a me… 😦
Le pagine di Proust non sono le uniche ad ospitare personaggi più o meno ispirati al nostro personaggio, e la fama della sua acconciatura travalica di molto le frontiere francesi. Tu e i tuoi lettori ricorderete certamente, infatti, che il Nostro ha meritato una citazione anche ne La morte di Ivan Il’ič di Tolstoj, dove la sua coiffure è prestata al fidanzato della figlia del protagonista:
” Entrò anche Fedor Petrovic in frack, coi capelli arricciati à la Capoul , con un lungo collo su cui si disegnavano le vene, stretto nel goletto bianco, con l’enorme sparato bianco della camicia, con le forti cosce strette nei calzoni neri attillati, con un solo guantobianco infilato e il gibus in mano” .
Fonte: https://www.liberliber.it/mediateca/libri/t/tolstoj/la_morte_di_ivan_ilijc/pdf/tolstoj_la_morte_di_ivan_ilijc.pdf
(pag. 89, corsivi nel testo)
Fantastico, non ricordavo assolutamente questa citazione. Grazie!