Ricorreva pochi giorni fa, il 10 aprile, il centocinquantesimo anniversario della nascita di Eugen d’Albert, celebre pianista ma anche importante compositore e autore di un’altra di quelle opere che meriterebbero molta maggior fortuna di quanta oggi non hanno, e cioè Tiefland. Nel nostro piccolissimo celebriamo la ricorrenza con questa bella immagine che ritrae Lotte Lehmann, grandissima fra le grandi, nel ruolo di Myrtocle, la protagonista del poema scenico in un prologo e un atto Die toten Augen, ovvero Gli occhi morti.
Sebbene fosse per nascita prussiana della Marca brandeburghese, Lotte Lehmann si incarnò per una generazione intera come la più viennese delle cantanti d’opera. Padrona di una delle voci più belle che il Novecento abbia udito, era anche straordinaria attrice e interprete, capace di far piangere persino quell’osso duro di Giacomo Puccini, che versò tutte le sue lacrime vedendola interpretare Suor Angelica nella capitale austriaca.
Die toten Augen ebbe la sua prima rappresentazione a Dresda il 5 marzo 1916: racconta una drammatica vicenda ambientata nella Gerusalemme dei tempi di Cristo, che ha come protagonista la cieca Myrtocle. Travolta da un amore appassionato per un marito, il romano Arcesius, che trasfigura nell’immaginazione, incontra Cristo che le ridona la vista. Solo allora scopre l’essere repellente e violento che ha sposato e così rinuncia al dono ricevuto, fissa gli occhi sul sole e torna cieca a vivere il suo sogno di amore coniugale, mentre Arcesius non saprà mai che per un momento lei l’ha visto per quello che egli realmente è.
La cartolina è ricavata da uno scatto del fotografo amburghese Emil Bieber, che ricrea nel proprio studio l’atmosfera di una classicità estenuata ed elegante, immersa nella luce e nel cielo, tutta pepli e lustro di marmi, resa popolarissima alla fine dell’Ottocento da pittori vittoriani come Lawrence Alma Tadema e John William Godward.

Non so dire quando e dove la Lehmann abbia cantato l’opera di d’Albert, che non ha sicuramente avuto nella sua carriera quel ruolo centrale che ebbero invece le grandi opere di Strauss e Wagner. Sposata a un medico ebreo, nel 1938 dopo l’Anschluss fu cacciata dall’Opera di Vienna, di cui faceva parte fin dal 1916. Se ne andò negli Stati Uniti e al Metropolitan proseguì la carriera fino al 1945. Solo nel 1955 tornò a Vienna, per la riapertura della ricostruita Staatsoper: la festeggiarono come una regina ma la ferita era probabilmente troppo profonda e così se ne andò di nuovo verso la California: insegnò, scrisse, fece la regista e morì quasi novantenne nel 1976.
Ah la Lotte! divina tra le divine. “insegnò, scrisse, fece la regista e morì quasi novantenne nel 1976.” da riformulare nel seguente modo: “insegnò ed ebbe tra i suoi discepoli Eleanor Steber, una delle più grandi cantanti del secolo scorso. La Steber debuttò (direttamente al Met) in Rosenkavalier come Sophie accanto alla Lehman che era la Marescialla.” Sei incaricato di trovare l’incisione introvabile di quel broadcast.
Non solo la Steber ha studiato con lei, ma anche Grace Bumbry e Marilyn Horne. E se pensi che a sua volta la Lehmann aveva studiato a Berlino con Mathilde Mallinger che era stata la prima Eva dei Meistersinger ti viene facilmente un piccolo capogiro cronologico…