Visto che è un periodo un po’ bislacco che non mi lascia molto tempo per occuparmi delle mie foto e delle ricerche a loro connesse, tanto vale che per mantenere un po’ di attività in questo blog io prosegua con questi scampoli di racconti autobiografici (!) di nessun interesse.
Nella puntata precedente (vedi qui sotto) ho raccontato del giorno preciso in cui nacque in me l’amore per La Più Grande Cantante Di Tutti I Tempi. Come ho detto, tornato da Firenze folgorato, corsi immediatamente a Rimini ad acquistare il cofanetto di due Lp Decca dell’Orfeo ed Euridice di Gluck diretto da Georg Solti e cantato da Horne, Pilar Lorengar e una deliziosa Helen Donath, che qualche anno dopo avrei visto come Susanna a Firenze in una strepitosa messa in scena delle Nozze di Figaro dirette da Riccardo Muti. A Rimini c’era il paradiso, nelle vesti di un negozio di dischi che si chiamava Dimar in cui si trovava tutto: dischi nuovi e vecchi, d’importazione, pirata, qualunque cosa. Erano due piani di totale meraviglia, di stanze tappezzate di scaffali nelle quali migliaia e migliaia di Lp stavano ordinatamente riposti e ordinati per numero di catalogo. Era un negozio all’antica, in cui non era tanto previsto che il cliente andasse in giro a curiosare ma piuttosto che chiedesse alle gentilissime e competentissime commesse, che non battevano ciglio qualunque fosse la richiesta e sparivano per tornare subito dopo con l’oggetto richiesto.
Le mie senescenti cellule grigie non ricordano più bene quali furono le tappe successive della mia conoscenza discografica della Horne. Ricordo invece perfettamente che nell’inverno del 1978, appena arrivato a Venezia, acquistai una strana pubblicazione che era una sorta di catalogo generale delle incisioni di musica operistica. Per chi è nato nell’era di Internet e della moltiplicazione dei media questa cosa fa un po’ sorridere, ma bisogna pensare che allora per informarsi non c’erano altri canali che quello della carta stampata. Così, sfogliando e risfogliando quel libro che ancora conservo, trovai che esisteva un disco (di cui non si forniva il titolo ma solo il numero di catalogo) che raccoglieva alcune arie cantate da Marilyn Horne, tratte da due opere di Rossini che all’epoca erano poco più che puri titoli vaganti in una dimensione assolutamente mitologica: L’assedio di Corinto e La donna del lago.
Approfittando del rientro a casa per le vacanze di Natale 1978, presi la Cinquecento della mamma e un pomeriggio tornai a Rimini, sicuro che alla Dimar avrei trovato il mio tesoro. E infatti bastò indicare all’angelo della sala al primo piano il numero di catalogo del disco di cui non conoscevo il titolo e in pochi minuti ebbi in mano il mio tesoro. La Horne incise questo recital nel 1973, pochi anni dopo la rivelazione dell’Assedio di Corinto della Scala. La prima facciata era completamente occupata dall’interminabile scena di Neocle come era stata arrangiata nella bislacca edizione messa in piedi da Thomas Schippers: recitativo, aria e cabaletta di Calbo dal Maometto II seguita da recitativo e scena di Neocle dall’Assedio. Filologicamente un pasticcio, ma nella gola della Horne un capolavoro di accento, di virtuosismo, di legato impeccabile. Credo di avere letteralmente consumato i solchi dell’aria di Calbo e ricordo ancora la faccia stupefatta di mia nonna, verdiana della prima ora seduta a rammendar calzini mentre io facevo girare il disco, nell’udire un timbro vocale proveniente da un altro pianeta cantar queste cose di stratosferica difficoltà.
A dar prova, poi, della sua leggendaria ambivalenza vocale, in questo recital la Horne si appropriava per tutte e due le opere di arie di entrambe le protagoniste femminili, soprano e contralto. E così nella seconda facciata si trovavano la preghiera di Pamira dell’Assedio/Maometto II e poi, a seguire, la cavatina e cabaletta di Malcom e il rondò di Elena dalla Donna del lago. La registrazione dell’aria di Malcom è quella, leggendaria, nella quale la Horne inventa sulla prima nota una interminabile messa di voce conclusa da un trillo. Il rondò di Elena è un miracolo non solo di virtuosismo e di canto di coloratura, ma di musicalità, di sprezzatura, di rubato. Avendo nelle orecchie questa esecuzione più che sublime si può immaginare quale fu la mia delusione quando, pochi anni dopo, arrampicato nel loggione del teatro Rossini di Pesaro, ascoltai in questo brano una pur apprezzabile Katia Ricciarelli costretta dall’inesorabile metronomo di Maurizio Pollini (ahimè tanto modesto direttore quanto immenso pianista) alla più piatta e inespressiva meccanicità.
Se mai mi dovesse capitare il sempre paventato obbligo di scegliere cosa portare sull’isola deserta, questo disco starebbe sicuramente nella valigia, anche se sapessi di non poterlo suonare. Quando lo comprai, in quel Natale 1978, non immaginavo nemmeno che di lì a tre anni mi sarei trovato a pochi metri dalla Horne nella sala di quello che allora era il più bel teatro del mondo e oggi è purtroppo la sua luccicante replica, la Fenice. Si dava Tancredi e al suo fianco stava Lella Cuberli. Ma di questo toccherà parlare un’altra volta.
Helen Donath, che qualche anno dopo avrei visto come Susanna a Firenze in una strepitosa messa in scena
1979, se mal non ricordo?
due opere di Rossini che all’epoca erano poco più che puri titoli vaganti in una dimensione assolutamente mitologica: L’assedio di Corinto e La donna del lago.
D*o, che madeleine mi hai appena propinato.
PS Tu Scrivi che è una meraviglia. Non so, c’entrerà il fatto che vengo appena dal blog dello scrivente («scrittore» mi pare troppo) Paolo Nori.
e al suo fianco stava Lella Cuberli
Apparizione per me meravigliosa, nel 1981, nell’«Ariodante» di Händel in quel paradiso perduto che esisteva allora a Milano, la Piccola Scala (dirigeva Alan Curtis, registava e scenografava Pier Luigi Pizzi).
Lascia ch’io pianga / mia dura sorte…
Caro Ipofrigio, quante sono le cose per le quali dovremmo piangere!
Le Nozze furono date (ho controllato il programma di sala, ché se mi affidassi alla memoria staremmo freschi) fra dicembre 1979 e gennaio ’80. Siccome vedo che ci fu un’unica pomeridiana, posso dire che vidi lo spettacolo il 6 gennaio 1980. Cantavano Thomas Allen, Margareth Marshall, la Donath, James Morris, una certa Roangiz Yachmi che di Cherubino aveva solo il fisico, Nucci Condò ed Enzo Dara. E guarda un po’, a fare le contadinelle nel terzo atto c’erano Adelina Scarabelli e Gloria Banditelli…
PS: sui complimenti ringrazio e arrossisco. Mi toccherà mandare un grazie anche a Paolo Nori? 🙂
una certa Roangiz Yachmi che di Cherubino aveva solo il fisico
Scarsuccia in verità. Però eccola, se ti fosse sfuggita:
Thomas Allen, Margareth Marshall, la Donath, James Morris, i (…), Nucci Condò ed Enzo Dara.
!!!
Mi toccherà mandare un grazie anche a Paolo Nori?
Lasciamolo stare, va’.
Mein Gott, e sarei io quello che propina le madeleine?…