Dopo la Cavalleria rusticana in diretta dalla Scala, l’enigma Daniel Harding resta per me privo si soluzione. Estraneo ma geniale, diceva qualcuno nel collegamento. Io il genio suo ancora aspetto che mi si riveli, mentre l’estraneità a quello che ha diretto stasera mi pare totale. Mascagni è quello che è e la Cavalleria, pur sempre un capolavoro nel suo genere, è uno spartito con ottime carte che qualunque opera di Puccini si mangia in un boccone solo. Però se la si dirige o ci si crede o si lascia il podio a qualcun altro: questo atteggiarsi a colui che trasforma il princisbecco in oro mi pare velleitario come il pretendere di render delicate le trippe in umido. Meglio sarebbe impegnarsi per fare andare insieme l’orchestra col coro.
In macchina ho ascoltato un pezzo dei Pagliacci, dalla fine del duetto Nedda-Silvio fino all’inizio del II atto. Lei, per quel poco che ho sentito, non mi è sembrata malvagia, ma il tenore era un dilettante allo sbaraglio da Corrida di Corrado: un cosa molto al di sotto della decenza. Ma era davvero Cura come indicato sul sito? Non ci posso credere. E la direzione veramente pessima.
Era Cura, dicono fischiatissimo. Anche Harding si è preso fischi dopo i Pagliacci, ma io ho potuto accendere la radio solo quando stava per cominciare Cavalleria. Al termine della quale il direttore è stato risparmiato, mentre con Licitra il pubblico è andato abbastanza sul pesante.